Sessantadue anni dopo… Quella porta aperta alle donne
Una sentenza della Consulta aprì le porte di uffici pubblici e istituzioni alle donne, era il 1960
La storica sentenza della Consulta è la 33/1960, i giovani non possono ricordare ma quel “documento” aprì alle donne le porte degli uffici pubblici e delle istituzioni. Per ricordarla, una riflessione tra generazioni diverse, con una performance di Monica Guerritore (nella foto, a fianco la sede della Corte).
Quella porta aperta alle donne è il titolo dell’incontro voluto dalla Corte costituzionale per testimoniare – 62 anni dopo – la strada fatta e ancora da fare verso l’uguaglianza sostanziale di genere.
L’appuntamento è per il 13 maggio, alle ore 18 presso il Palazzo della Consulta. Tra gli ospiti, numerose donne che, in diversi ambiti, hanno concorso e concorrono allo sviluppo democratico e al progresso sostanziale del nostro Paese, nonché una rappresentanza di studentesse e studenti del liceo classico E. Q. Visconti di Roma.
Aprirà l’incontro il presidente della Corte Giuliano Amato, poi Monica Guerritore, attrice, autrice e regista, leggerà un suo testo, “La memoria del mondo”, in cui la forza generatrice delle donne si contrappone alla furia distruttrice della guerra. Il breve spazio finale sarà dedicato al “tetto di cristallo”, con le riflessioni di Gabriella Luccioli, una delle prime otto donne entrate in magistratura, e di Cecilia Fava, studentessa di terzo liceo classico, coordinate dal presidente Amato.
La sentenza 33 del 1960 è l’approdo di una storia di cittadinanza attiva che ha avuto come protagonista Rosa Oliva e la sua radicata coscienza costituzionale. Ma è anche un esempio concreto del dovere della Repubblica di “rimuovere gli ostacoli” che, secondo l’articolo 3 della Costituzione, “impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Dunque, è un passo verso l’uguaglianza sostanziale di genere. Diritto delle donne, dovere della Repubblica.
A quella pronuncia è dedicato il podcast – per la serie “Le sentenze che ci hanno cambiato la vita” – in uscita proprio venerdì 13 maggio, in cui la giudice costituzionale Maria Rosaria San Giorgio, prima magistrata ad essere eletta alla Corte costituzionale, racconta come si è arrivati ad aprire quella porta, dalla quale sono poi passate milioni di donne, cambiando il volto della Repubblica.
Allora la Corte Costituzionale dichiarò l’illegittimità costituzionale della norma contenuta nell’art. 7 della legge 17 luglio 1919, n. 1176, che escludeva le donne da tutti gli uffici pubblici che implicano l’esercizio di diritti e di potestà politiche, in riferimento all’art. 51, primo comma, della Costituzione (L’articolo 51 della Costituzione recita “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. La legge può, per l’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica. Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro”).
Gaetano Azzariti – Giuseppe Cappi – Tomaso Perassi – Gaspare Ambrosini – Ernesto Battaglini – Mario Cosatti – Francesco Pantaleo Gabrieli – Giuseppe Castelli Avolio – Antonino Papaldo – Nicola Jaeger – Giovanni Cassandro – Biagio Petrocelli – Antonio Manca – Aldo Sandulli – Giuseppe Branca, decisero così in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, era il 13 maggio 1960.
G. D.