Ponte di Genova ci siamo, perché non chiamarlo “Ponte 43”
Estate 2018 – estate 2020, due anni!
Ci siamo, ormai manca poco, vedere le careggiate tingersi di scuro significa che il tempo è quasi scaduto.
Il Ponte di Genova sta per essere ultimato.
Per la prima volta l’Italia non deve fare i complimenti ad altre nazioni che in poco tempo hanno costruito strade, ospedali, grandi opere. Strutture che da noi avrebbero impiegato anni&anni e magari con gallerie aperte nel nulla o viadotti mai inaugurati.
Bene, abbiamo dimostrato al mondo che ci siamo, che sappiamo fare, e questo dovrebbe bastarci.
Certo, è già partita la rincorsa ai meriti, ai demeriti, a chi ha inventato il cosiddetto “modello Genova” e a chi vorrebbe imitarlo e renderlo pratico ovunque o a chi lo critica. Tutta fuffa da materiale elettorale e contro elettorale che all’italiano pratico dovrebbe contare zero.
Ciò che interessa è la struttura costruita in poco tempo, quindi un esempio per altre opere. Poi il ricordo delle vittime, questo sì, ma sorrido di fronte alle polemiche, anche qui!, di inaugurazione sì, no, soft.
Ma per favore, la nostra nazione ha decine di stragi, disgrazie, tragedie, che mai avranno responsabilità, di colpevoli lasciamo perdere, che non sono mai state chiuse e che costantemente ritornano sui telegiornali giusto per gli anniversari.
Quindi al di là del giardino/parco in costruzione sotto il ponte quale Mausoleo delle vittime e del ricordo, perché non concentrarsi sul nome, possibilmente senza dover interpellare task force assai di moda in questi mesi pandemici.
A me piace molto “Ponte 43”.