Salario minimo, nuove regole UE. In Italia sarà per pochi, e tanti dubbi
L’Europa approva, le osservazioni dei Consulenti del lavoro
Queste le regole approvate dal Parlamento europeo sul salario minimo che dovrebbe garantire condizioni di vita e di lavoro dignitose e i Paesi UE dovrebbero promuovere la contrattazione collettiva delle retribuzioni.
- Il salario minimo deve sempre garantire un tenore di vita dignitoso.
- Le norme UE rispetteranno le pratiche nazionali di fissazione dei salari.
- Rafforzamento della contrattazione collettiva nei paesi in cui è coinvolto meno dell’80% dei lavoratori.
- Diritto di ricorso per i lavoratori, i loro rappresentanti e i sindacalisti in caso di violazione delle norme.
Mercoledì 14 settembre il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva la nuova legislazione sui salari minimi adeguati nell’UE. La legge, concordata a giugno con il Consiglio, intende migliorare le condizioni di vita e di lavoro di tutti i lavoratori dell’UE e promuovere progressi in ambito economico e sociale.
Ora vengono definiti i requisiti essenziali per l’adeguatezza dei salari minimi garantiti, come stabilito dalle leggi nazionali e/o dai contratti collettivi. La legge vuole inoltre migliorare l’accesso effettivo dei lavoratori alla tutela garantita dal salario minimo.
Il provvedimento ha ottenuto l’approvazione con 505 voti favorevoli, 92 contrari e 44 astensioni (votazione finale su accordo in prima lettura).
La direttiva si applicherà a tutti i lavoratori dell’UE con un contratto o un rapporto di lavoro. I Paesi UE, in cui il salario minimo gode già di protezione, grazie ai contratti collettivi, non saranno tenuti a introdurre queste norme o a rendere gli accordi già previsti universalmente applicabili.
La definizione del salario minimo rimane di competenza dei singoli Stati membri, i quali dovranno però garantire che i loro salari minimi consentano ai lavoratori una vita dignitosa, tenendo conto del costo della vita e dei più ampi livelli di retribuzione. Per quanto riguarda la valutazione dell’adeguatezza dei salari minimi garantiti esistenti, i Paesi UE potranno determinare un paniere di beni e servizi a prezzi reali, o fissarlo al 60% del salario mediano lordo e al 50% del salario medio lordo.
La contrattazione collettiva a livello settoriale e interprofessionale è un fattore essenziale per determinare i salari minimi adeguati e, pertanto, deve essere promossa e rafforzata sulla base delle nuove regole. Gli Stati membri in cui meno dell’80% dei lavoratori è interessato dalla contrattazione collettiva, dovranno – congiuntamente alle parti sociali – stabilire un piano d’azione per aumentare tale percentuale.
Nel testo concordato viene introdotto l’obbligo per i Paesi UE di istituire un sistema di monitoraggio affidabile, nonché controlli e ispezioni sul campo, per garantire conformità e contrastare i subappalti abusivi, il lavoro autonomo fittizio, gli straordinari non registrati o la maggiore intensità di lavoro.
<<I prezzi dei generi alimentari, delle bollette energetiche e degli alloggi stanno esplodendo – commenta Agnes Jongerius (S&D, NL), correlatrice -. La gente fa davvero fatica ad arrivare a fine mese. Non abbiamo tempo da perdere, il lavoro deve tornare a pagare. Questa direttiva stabilisce gli standard per un salario minimo adeguato. Allo stesso tempo, stiamo dando un impulso alla contrattazione collettiva, in modo che un maggior numero di lavoratori sia maggiormente tutelato>>.
Il Consiglio dovrebbe approvare formalmente l’accordo a settembre, dopodiché il testo sarà legge. I Paesi UE disporranno di due anni di tempo per conformarsi alla direttiva.
I salari minimi più alti sono accordati in Lussemburgo, Irlanda e Germania; quelli più bassi in Bulgaria, Lettonia ed Estonia. Nell’UE, 21 paesi su 27 hanno un salario minimo garantito, mentre gli altri sei (Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia, Italia e Svezia) determinano i livelli salariali sulla base della contrattazione collettiva delle retribuzioni.
Secondo le simulazioni di Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, l’introduzione di un salario minimo per legge comporterebbe un costo per le imprese di 12 mld di euro all’anno.
In Italia, più del 90% dei lavoratori è coperto dalla contrattazione nazionale, quindi il salario minimo si applicherebbe ad una quota residua di lavoratori.
Inserire in Italia il salario minimo per legge, non solo verrebbe fortemente impoverito e delegittimato il ruolo della contrattazione collettiva, ma diventerebbe prioritario riflettere su chi debba sostenere il peso degli incrementi che la misura determinerebbe per le aziende.
Infatti, si rischia un aumento del costo del lavoro di 12 miliardi di euro, il 20% in più rispetto ai livelli attuali. L’“effetto boomerang” è, quindi, dietro l’angolo, con un conseguente rialzo dei prezzi per beni e servizi con cui si potrebbe vanificare l’intero impianto della riforma.
Secondo la Fondazione Studi sono 4 milioni i lavoratori sotto la soglia oraria di 9 euro lordi ai quali si dovrebbe applicare il “nuovo” salario minimo; infatti, ai 2,9 milioni individuati dall’Istat si dovrebbero aggiungere i comparti agricolo e domestico, dove le retribuzioni nette tendono ad essere sottosoglia per una quota ancora più significativa di lavoratori. E il costo del lavoro per le imprese, in assenza di un taglio del cuneo fiscale a loro carico, sarebbe di oltre 5,5 miliardi di euro. Ulteriori ricadute si avrebbero sull’adeguamento dei livelli di inquadramento dei dipendenti già sopra la soglia per il cosiddetto “effetto trascinamento”: se crescessero, in via prudenziale, di solo il 5%, il costo del lavoro sarebbe triplicato rispetto ai 4,3 miliardi stimati dall’Istat, toccando quota 12 miliardi di euro.
<<Nessuno deve essere pagato pochi euro l’ora. È giusto, quindi, tutelare i lavoratori più deboli, ma senza generare ulteriori situazioni di squilibrio del quadro economico e delle relazioni industriali del Paese – afferma Rosario De Luca, presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro -.
I contratti collettivi esistenti nel nostro Paese offrono un’ampia platea di istituti contrattuali che fanno parte integrante della retribuzione annuale – dai rol al welfare contrattuale, dalle mensilità aggiuntive ai permessi retribuiti – e che negli altri Paesi non è detto che esistono.
Quando si parla di salario minimo orario in sede comunitaria bisogna quindi valutare anche queste situazioni. Bisogna individuare, dunque, gli standard nei minimi della contrattazione collettiva, che nel nostro Paese rappresenta un valore da rafforzare e tutelare, non certo da cancellare con una legge>>.
G. D.