Smart working alla resa dei conti, studio dei Consulenti del Lavoro
Ansia da prestazione, dilatazione dei tempi di lavoro e, per il 48,3% degli intervistati, disturbi fisici legati all’inadeguatezza delle postazioni domestiche
C’è anche un 16,7% che non ci rinuncia. L’articolata indagine della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro sarà presentata al Festival del Lavoro dal 28 al 29 aprile
Gli italiani sono divisi sul lavoro a casa. 7,3 milioni – ad aprile 2021 – certamente condizionati da una pandemia di rara veemenza.
Se da una parte il bilancio è positivo sul fronte dell’aumentata possibilità di conciliare i tempi di vita e di lavoro. D’altra emergono criticità che possono avere effetti anche sul clima aziendale e sulle relazioni di lavoro, fino ad arrivare alla disaffezione.
Tutto questo nel capitolo “Smart working, una rivoluzione nel lavoro degli italiani”, contenuto nel Rapporto “Gli italiani e il lavoro dopo la grande emergenza”. Rapporto che sarà presentato in occasione del Festival del Lavoro, organizzato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e dalla sua Fondazione Studi il 28 e 29 aprile.
I dettagli sulla manifestazione si trovano sul sito www.festivaldellavoro.it
Il 16,7% dei lavoratori intervistati guarda allo smart working come un punto di non ritorno della propria vita professionale. Oltre il 10,7% cercherebbe un qualsiasi altro lavoro pur di svolgerlo da casa.
Il 43,5% si adatterebbe al ritorno in ufficio, ma 4 su 10 sarebbero contenti di tornare a lavorare tutti i giorni in presenza.
L’esperienza di questo anno è stata vissuta in modo molto diverso da giovani e adulti, da lavoratori con figli e senza.
Chi ha patito di più il lavoro da casa sembrano gli uomini (52,4% contro 45,7% delle donne), guadagnando però in produttività e concentrazione. Di contro, le donne hanno sofferto l’allungamento dei tempi di lavoro (57% contro il 50,5% degli uomini) e la carenza degli spazi casalinghi (42,1% contro 37,9%). Così come un maggior rischio di disaffezione verso il lavoro (44,3% rispetto al 37% dei colleghi).
Ma se lo smart working ha permesso 6 volte su 10 di conciliare meglio professione e vita privata, non è stato così per chi aveva maggiori carichi familiari. In primis le coppie, il cui equilibrio tra lavoro e vita privata è peggiorato per il 43% del campione.
Ci sono state anche ricadute pratiche, in termini di spesa e disturbi fisici legati a postazioni domestiche inadeguate.
Il 71,1% dichiara di aver diminuito le spese per spostamenti, vitto e vestiario, investendo in consumi legati al tempo libero nel 54,7% dei casi. Ma il 48,3% paga il conto per l’utilizzo di sedie e scrivanie improvvisate e il 39,6% lamenta scarsi spazi, infrastrutture, rete Internet.
L’inchiesta conferma un maggiore ricorso al lavoro agile tra i lavoratori più qualificati e le grandi aziende (terziario, servizi alle imprese, credito e assicurazioni).
Per i lavoratori sotto i 35 anni non si può più tornare indietro. «La varietà delle casistiche riportate all’interno del Rapporto – afferma Rosario De Luca, presidente della Fondazione – evidenzia la necessità di ripensare alla regolazione del lavoro subordinato.
Sarà interessante confrontarsi anche su questo tema con il mondo della politica, delle imprese e delle parti sociali durante il Festival del Lavoro».
G. D.