Il cappio era pronto, ma una telefonata al 112 gli salva la vita

Il cappio era pronto, ma una telefonata al 112 gli salva la vita
Spread the love

La storia (vera) di Antonio, nome di fantasia, che voleva farla finita

Salva la vita

– Il ruolo dei carabinieri della Centrale Operativa di Alessandria, ma potrebbe essere di qualunque città, non è solo il cuore pulsante del pronto intervento da dove vengono indirizzate le varie pattuglie, è anche il collegamento tra l’Arma e i cittadini, dove giungono le richieste di aiuto per i più disparati motivi.

Certo, diverse segnalazioni di fatti di reato, ma anche richieste di consiglio o di supporto per lenire momenti di solitudine e tristezza di persone sole o in difficoltà.

Ed è proprio in questo contesto che il carabiniere della Centrale Operativa si trova a gestire situazioni molto particolari, estremamente personali, in cui l’empatia e la fermezza, oltre alla preparazione professionale, possono fare la differenza: possono salvare una vita.

Questa è la volta di Antonio, nome di fantasia. È sconvolto… la voce debole rotta dall’emozione. È notte ed è solo. Il buio aumenta l’angoscia dei suoi problemi e non ci sono persone intorno a lui che possano aiutarlo.

È sull’orlo del baratro: non gli resta che un’unica soluzione per liberarsi dei suoi affanni.

Prima di gettarsi un ultimo confronto con la realtà: chiama il 112. L’operatore della Centrale è preparato e intuisce la gravità del problema, così come la richiesta di aiuto.

Il momento che deve affrontare è difficile, molto difficile. Ricorda gli insegnamenti della scuola Carabinieri. Ricorda l’importanza dell’empatia, del coinvolgimento. Ricorda che le parole, così come i silenzi, possono avere in queste circostanze un’importanza fondamentale. Sa però che le parole talvolta non bastano e che la rapidità di intervento può essere decisiva.

Parte così un drammatico e appassionato dialogo. Con calma cerca di approfondire la situazione e comprendere le ragioni di un tale sgomento, e nel frattempo riesce a localizzare il suo interlocutore, capisce dove si trova e invia immediatamente tutte le pattuglie presenti sul territorio.

Non c’è tempo da perdere. Lo sa l’operatore, lo sanno i colleghi sulla strada.

Continua il dialogo, dove il carabiniere riesce, lentamente e con cautela, a instaurare un rapporto di fiducia con Antonio, riesce a costruire un vero contatto con lui e a spostare l’attenzione da quel pensiero ossessivo del gesto estremo.

Antonio si rasserena e inizia a fornire qualche informazione, ad aprirsi. A fatica ma sembra trovare la forza di confidarsi, trova nella voce amica del carabiniere un possibile appiglio per impedire a sé stesso di compiere quel passo senza ritorno.

Il tempo scorre ed i colleghi raggiungono il luogo della chiamata. I carabinieri delle Gazzelle trovano la persona al telefono in un ricovero attrezzi di pertinenza dell’abitazione, dove aveva predisposto una corda per l’insano gesto. Capisce che la sua richiesta di aiuto non è stata vana e ora non è più solo. Piange, ma è salvo.

Resta ancora un attimo di apprensione per il carabiniere operatore della Centrale Operativa, almeno fino a quando al telefono prende la comunicazione il collega che rompe il silenzio e conferma che la situazione è sotto controllo. “Antonio sta bene”, dice il collega della Radiomobile. “Adesso ci pensiamo noi”.

La tensione può scendere. C’è tempo per tirare un sospiro di sollievo, compiacersi di avere fatto un buon lavoro e di avere contribuito a salvare la vita di una persona. Un’altra.

Passano pochi minuti e si ricomincia. Il telefono squilla: “Pronto, Carabinieri”.

 

G. D.