Novità peste suina, sindaci e Regione è intesa: “Rivedere confini e misure restrittive”
Riunione tra i sindaci dei 36 comuni liguri in zona rossa
Con l’assistenza di Anci, si sono riuniti i sindaci dei 36 comuni liguri in zona rossa e il vicepresidente della Regione Liguria Alessandro Piana per l’emergenza peste suina, dove è emersa una posizione unitaria e omogenea: rivedere i confini della zona rossa e allentare le misure restrittive in atto da due mesi, alla luce delle poche carcasse di cinghiali infetti rinvenute in territori comunque ben definiti e circoscritti.
<<Ringrazio Anci per la massima cooperazione sin dalle prime ore dell’emergenza – commenta Piana – importante per prevenire la diffusione dell’epidemia nella fauna selvatica.
Nella riunione odierna abbiamo richiesto ai Comuni di intensificare ulteriormente le attività di pulizia e il ritiro celere dei rifiuti organici, poiché anche gli avanzi di un pasto in luoghi accessibili agli ungulati possono farsi veicolo di contagio.
La stabilità della situazione e l’elevata concentrazione di casi in una zona ben definita ci impone di liberare una vasta area della Liguria, con l’esclusione dai divieti in primo luogo di tutti i Comuni che non sono stati interessati dalla peste suina.
Lo dobbiamo ai cittadini e alle realtà che a vario titolo operano sul territorio e che hanno dimostrato anche troppa pazienza.
Non accetterò matrimoni combinati con linee che non rispettino le esigenze della Liguria – prosegue Piana -: ai tecnici arrivati da Bruxelles, esperti per i territori di loro competenza, abbiamo mostrato l’orografia completamente diversa della nostra regione che rende impensabile e soprattutto inefficace la messa in opera di una sorta di Vallo di Adriano per confinarci letteralmente.
Abbiamo fatto la nostra parte su tutti i fronti: chiusure, sopralluoghi, monitoraggi, macellazione per rispondere prontamente all’emergenza con tutti i mezzi possibili e proponendo anche diverse soluzioni operative per le recinzioni. Nella riunione successiva con i tecnici del Ministero e gli esperti europei ci opporremo con decisione a imposizioni calate dall’alto: porteremo avanti tutte le misure necessarie al contenimento e all’eradicazione della pandemia, ma non opere deboli già sulla carta e fortemente penalizzanti>>.
La riunione è stata l’occasione per fare il punto sulle difficoltà in cui versa l’economia globale dei comuni coinvolti, la maggior parte dei quali vive di turismo legato all’outdoor.
<<Considerando gli sforzi sostenuti dal punto di vista del contenimento e della ricerca, il prezzo pagato dal territorio è enorme in termini economici – afferma il direttore generale di Anci Liguria Pierluigi Vinai -.
Non crediamo che la strategia ‘auto-segregante’ abbia funzionato al meglio, abbiamo obbedito, lavorato, fatto quello che dovevamo fare, abbiamo cercato di monitorare le ordinanze comunali perché non fossero in contraddizione tra loro, abbiamo sterminato i nostri suini e oggi sentiamo i sindaci che ci esprimono difficoltà per l’economia dei territori: non siamo disponibili a subire una nuova ‘cortina di ferro’, non siamo stati noi liguri a generare l’ecatombe che il Governo ci prospettava tempo fa, visto che le carcasse a oggi rinvenute sono soltanto 19 e ben circoscritte, per cui riteniamo necessaria l’adozione di misure diverse, e continueremo a cercarle ma in condizioni di riapertura>>.
Tra le richieste pervenute dagli amministratori presenti all’incontro, una riperimetrazione dell’area rossa, tenendo conto dei confini geografici e non amministrativi dei comuni, per rendere possibile “la più ampia gamma di libertà” nelle “aree cuscinetto” confinanti con le aree dei ritrovamenti: una zona rossa limitata, ad esempio, ai territori situati tra le due arterie autostradali, A7 e A26, sede di maggior rinvenimento di carcasse infette.
Estendere al litorale confini così ampi sembra opportuno, in assenza di conclamato pericolo.
Secondo i primi cittadini, infatti, non ci sarebbero più i presupposti per rimanere tutti in zona rossa, considerati i numeri esigui dei ritrovamenti contagiati dalla peste suina (19, ad oggi).
Altra soluzione proposta nel corso della riunione è stata quella di isolare i grandi allevamenti, non i boschi, e considerare anche l’impatto psicologico delle misure restrittive sui cittadini: ipotizzare lo stop a tutte le attività legate all’outdoor comporta inevitabilmente l’inaccettabilità sociale davanti a prescrizioni considerate ingiuste.
G. D.