Savona, criminalità organizzata, arrestato 50enne dalla Squadra Mobile
Turbata libertà degli incanti aggravata dal metodo mafioso: in manette esponente di nota famiglia calabrese
Savona
– Il compito dell’indagato era quello di incutere timore tra gli altri partecipanti alle procedure d’asta, con ovvie conseguenze se non si fossero fatti da parte, fotografando i presenti in maniera plateale, inducendo in loro la convinzione di poter essere identificati e rintracciati.
Ed è proprio in questo ambito di prevenzione e contrasto del fenomeno della criminalità organizzata che ieri pomeriggio i poliziotti della Squadra Mobile della Questura di Savona hanno arrestato un 50enne, originario della provincia di Reggio Calabria, in esecuzione dell’Ordinanza di Custodia Cautelare in carcere emessa dal Gip presso il Tribunale di Genova.
L’accusa per l’uomo è molto pesante: “turbata libertà degli incanti aggravata dal metodo mafioso, di cui agli artt. 353 e 416 bis 1 del Codice penale”.
La complessa indagine della Squadra Mobile savonese, coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Genova, ha portato alla contestazione di condotte con le quali l’arrestato avrebbe influenzato l’esito di una procedura immobiliare, evocando l’acquisita fama criminale di appartenenza ad una “famiglia”, contigua alla ‘ndrangheta e così sfruttando la forza di intimidazione che ne deriva.
Le articolate attività di approfondimento, svolte tramite servizi di pedinamento e osservazione, hanno consentito di ricostruire il modus operandi dell’arrestato nell’aggiudicarsi gli immobili in questione prevaricando tutti i possibili concorrenti.
<<Le minacce volte ad escludere ogni possibilità di concorrenza dalle procedure pubbliche in parola – spiegano dalla Questura di Savona – venivano perpetrate fin dal momento delle visite dei potenziali offerenti, in particolare in uno degli immobili interessati dalla procedura di vendita all’asta erano stati preventivamente e surrettiziamente affissi articoli di giornale relativi a condanne, arresti e sequestri aventi come destinatari i membri della “famiglia” e locandine di un quotidiano che ne richiamavano le vicissitudini giudiziarie così da rendere ancor più esplicita la evocata contiguità all’organizzazione criminale.
L’indagato si adoperava infatti per incutere tra gli altri partecipanti alle procedure d’asta, il timore di subire conseguenze se non si fossero fatti da parte, fotografando i presenti in maniera plateale, inducendo in loro la convinzione di poter essere identificati e rintracciati. Ostentava poi apertamente il suo ruolo dominante all’interno della “famiglia” d’origine, circostanza che trovava peraltro conferma nelle ricerche su internet che le stesse vittime si premuravano di svolgere>>.
Tra l’altro l’uomo “certificava” il suo profilo di impunità affermando di avere subìto oltre 50 processi ma di essere sempre stato assolto, così da lasciare intendere la sua condizione di inviolabilità rispetto alla magistratura.
Il metodo mafioso messo in atto consentiva di fare terra bruciata di tutti i possibili concorrenti influenzando l’andamento della procedura e garantendo a soggetti, persone fisiche e giuridiche riconducibili all’indagato, di aggiudicarsi in ultimo i beni immobili oggetto dell’asta.
<<Si evidenzia che i provvedimenti adottati in questa fase – concludono dalla Questura di Savona – non implicano la responsabilità dell’indagato sino al definitivo accertamento di colpevolezza che potrà avvenire solo con sentenza irrevocabile>>.
Il Questore Alessandra Simone (nella foto) ha manifestato tutto la sua soddisfazione per l’operazione: <<L’attenzione della Polizia di Stato di Savona è massima nel rilevare tutti i segnali delle infiltrazioni della ‘ndrangheta su questo territorio, appetibile perché economicamente fertile. Restituire questa provincia alla legalità e ad un’economia libera e trasparente è la nostra più urgente priorità>>.
G. D.