Droga Genova. Operazione Crack&Co, minorenni tra i clienti
Un giro di affari stimato in 60/90mila euro mensili
La notizia di stamane
Oggi è stata eseguita l’Ordinanza di arresti emessa dal Gip del Tribunale di Genova, su richiesta della Procura della Repubblica, a carico di diversi indagati. In precedenza, durante la fase delle indagini sono state tratte in arresto 10 persone in flagranza di reato.
Nel traffico di sostanze stupefacenti, una delle principali caratteristiche è la terminologia utilizzata per definire i diversi tipi di sostanze, l’indicazione dei luoghi dello spaccio e l’attribuzione di nomignoli per identificare le diverse forze dell’ordine.
Nell’Operazione Crack&Co.2019, condotta dalla Squadra Mobile della Questura di Genova, che ha visto stamane il suo sviluppo con numerosi arresti, per quanto riguarda l’Eroina, questa veniva indicata come “quella dura” o “quella morbida” per distinguere quella in pasta da quella in pietra, oppure “quella brutta” o “quella bella”, riferendosi a sostanza ritenuta qualità peggiore o migliore. Per distinguere la Cocaina dall’Eroina venivano utilizzate rispettivamente le parole “bianca” o “nera”.
Altri termini erano utilizzati per definire le unità di misura, ad esempio “bagagli”, “scarpe”, “gamba”, “dita”, “caramelle”, “pietre”, e “legno”, quest’ultimo riferito alla sostanza utilizzata per tagliare lo stupefacente.
Infine, con i termini “blu” e “nudi” venivano distinti gli appartenenti alle forze dell’ordine in divisa da quelli in borghese.
Questi i numeri, le persone coinvolte e tutti gli indagati nell’operazione Crack&Co
Durante l’indagine sono stati eseguiti:
- 10 arresti in flagranza di reato,
- 11 segnalazioni amministrative alla prefettura,
- 900 dosi circa di sostanza stupefacente (eroina-cocaina- crack) sequestrate.
A seguito dell’ordinanza del Tribunale di Genova (Pubblici Ministeri dott.ssa Daniela Pischetola e dott. Andrea Ranalli):
- 8 persone destinatarie di custodia cautelare in carcere,
- 3 persone agli arresti domiciliari,
- 3 persone colpite da divieto di dimora in Genova.
destinatari custodia cautelare in carcere
- NDIAYE Sibi Diop, senegalese, 38enne.
- DIOUM Mouhamadou Bamba, detto “Khadim”, senegalese, 37enne.
- DIA Mourtalla, detto “Jackson”, senegalese, 34enne.
- SECK Cheick, detto “Morgan”, senegalese, 32enne.
- LO Mamadou detto “Wedeup”, senegalese, 39enne.
- TINE Mor Talla, senegalese, 23enne.
- A.F., senegalese, 34enne.
- F.G., senegalese, 33enne.
destinatari arresti domiciliari
- FALL Beuya, detta “Mami”, senegalese, 38enne.
- SENE Fatou, detta “Kine”, senegalese, 53enne.
- GIACOPELLI Chiara, 32enne.
destinatari divieto dimora in Genova
- DIOUF Ahmed, detto “Ameth”, senegalese, 54enne.
- THIAM Fallou, senegalese, 27enne.
- D.G., senegalese, 30enne.
L’indagine ha avuto origine nel maggio 2019
L’indagine della Squadra Mobile vede la luce a partire dalla metà del mese di maggio 2019 quando, all’esito di un’attività investigativa tesa a reprimere l’intensa attività di spaccio posta in essere da diversi soggetti di etnia centroafricana operanti nella zona del centro storico di questo capoluogo, è stata individuata l’abitazione di un cittadino italiano in cui aveva ospitalità il principale indagato, che utilizzava l’immobile per preparare le dosi di crack.
A seguito dell’arresto dell’italiano, infatti, è stato analizzato il suo telefono cellulare; dall’analisi, sono stati individuati i contatti con Ndiaye Sibi Diop, ritenuto il gestore di un’attività di spaccio di sostanze stupefacenti. Egli riforniva diversi soggetti di etnia centroafricana che, a loro volta, smerciavano la droga al dettaglio sul “mercato” genovese.
Dalle successive indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova, supportate da presidi tecnologici (attività tecniche d’intercettazione telefonica e video/ambientale), è apparso evidente che Ndiaye, per porre in essere la propria attività illecita, si avvalesse della collaborazione di alcuni suoi connazionali, ai quali impartiva disposizioni e che, di fatto, svolgevano mansioni specifiche all’interno del gruppo, quali “custode dello stupefacente”, “tesoriere”, “corriere” (o “cavallo”), “vedetta”, etc.
Nello specifico, Dioum Mouhamadou Bamba, noto come “Khadim il Cuoco,” si occupava della “lavorazione” dello stupefacente, consistente nella cottura della cocaina, e della preparazione dei dischi di crack.
La sostanza illecita era “custodita” da due donne: Sene Fatou, detta “Kine” e da Fall Beuya, detta “Mami”, moglie di Ndiaye. Quest’ultima veniva impiegata anche nel ruolo di “tesoriere”, occupandosi di raccogliere il denaro frutto dello spaccio, nonché nel trasporto della droga.
Diouf Ahmed, detto “Ameth” e D.G. provvedevano a spacciare la droga fungendo da “cavalli”.
A partire dal mese di novembre 2019, complice le attività finalizzate all’acquisizione di riscontri investigativi attraverso vari arresti operati da quest’ufficio, le quali hanno inevitabilmente disturbato le attività del gruppo gestito da Ndiaye, vi è stata una mutazione negli equilibri interni, con la defezione di alcuni concorrenti nell’illecita attività, quali Sene Fatou, Diouf Amed e D.G.
A loro sono subentrati altri connazionali, quali Thiam Fallou e Dia Mourtalla. Di notevole rilevanza, inoltre, è stata la comparsa, all’interno della rete di spacciatori, di Lo Mamadou, detto “Wedeup” e del suo “collaboratore” F.G., detto “Galass”.
Infatti, a seguito di un mancato approvvigionamento di droga avvenuto il 16 novembre 2019, il “gruppo” ha iniziato a rivolgersi proprio a Lo Mamadou ed a F.G. per procurarsi la sostanza stupefacente da “cucinare” e spacciare.
Essendo venuta meno la figura della “custode” Kine, i sodali hanno trovato un’abitazione a Genova, in zona S. Teodoro, che è divenuta la “base logistica” per la preparazione e a custodia dello stupefacente che veniva, quindi, smerciato ai vari pusher.
Lo spaccio
Nel corso dell’indagine, sono state documentate numerose cessioni di stupefacente operate sia dai “cavalli” di Ndiaye, sia, in altre circostanze, da egli stesso. In riferimento ad alcuni di questi episodi si è proceduto all’arresto in flagranza di reato di alcuni clienti di Ndiaye, ossia spacciatori al dettaglio, e al sequestro dello stupefacente.
Nel corso del procedimento sono state arrestate dieci persone, perlopiù di nazionalità senegalese, ed un italiano, ai quali sono state sequestrate complessivamente circa 900 dosi tra crack ed eroina che, considerando un prezzo medio per dose di circa 15 euro, avrebbero fruttato oltre 13.000 euro.
Seguendo i “cavalli” sono state documentate numerose cessioni ai consumatori finali, con l’identificazione degli stessi e con il sequestro delle dosi di stupefacente acquistato. Complessivamente sono stati segnalati in Prefettura, come assuntori di sostanze stupefacenti, undici persone, ad alcune delle quali è stata ritirata la patente di guida.
L’analisi dei contatti tra gli spacciatori ed i loro clienti ha, inoltre, consentito di stabilire che la maggior parte di loro aveva rapporti giornalieri con il loro pusher di riferimento, ed alcuni anche più volte al giorno; ciò significa che sono state documentate centinaia di cessioni di crack ed eroina.
È per tale ragione che, considerando i quantitativi di stupefacente giornalmente movimentati dai singoli pusher, ovvero la cessione di 15/20 dosi, si può ragionevolmente stimare che la rete dello spaccio avesse un giro di affari mensile superiore ai 60/90.000 euro.
Tra i clienti figurano anche minorenni e professionisti.
I luoghi dello spaccio
Lo smercio delle sostanze stupefacenti avveniva, prevalentemente, nel centro storico, dove gli acquirenti si addentrano certi di poter trovare la droga e dove, grazie alla particolare conformazione urbanistica e alla “collaborazione” dei sodali che formano una rete di controllo e “vedetta”, gli interventi delle forze dell’ordine sono sempre più difficili.
Ciononostante, anche grazie all’ausilio delle intercettazioni e sfruttando la presenza dei sistemi di video-sorveglianza, è stato possibile raccogliere l’importante quadro probatorio che ha portato all’emissione delle ordinanze in esecuzione.
Singolari appaiono le modalità dello spaccio, dove i pusher, sempre più spregiudicati e consapevoli di poter essere monitorati dalle Forze dell’Ordine, trasportano lo stupefacente in dosi confezionate con cura, nella cavità orale, in modo da poterlo ingoiare in caso di controllo. Per tale ragione e per evitare rischi connessi all’eventuale apertura degli involucri una volta ingeriti, la preparazione degli stessi veniva affidata a persone esperte.
G. D.