Emergenza coronavirus Lettera di una maestra preoccupata
“Lettera alla task foce da parte di una maestra preoccupata (che poi sarei io). Rivolta a chiunque abbia a cuore il futuro dei bambini (e non solo)”
<<Il 15 Aprile i bambini danesi sono tornati a scuola. Noi, oltre a non avere prospettive di tornarci entro la fine dell’anno scolastico, apparentemente non abbiamo nemmeno un piano per quando sarà il momento di farlo, né ce ne preoccupiamo.
Mi ero ripromessa di tacere, di non fare polemica, di accettare le decisioni, ma ora sono passati 55 giorni dall’ultima volta in cui siamo stati a scuola e io a tacere non ce la faccio più.
Non sono qui ad oppormi alla scelta di non rientrare quest’anno, non è una scelta di mia competenza. Sono qui invece a porre legittime domande su ciò che è di mia competenza: il benessere dei bambini e dei ragazzi, “dei nostri studenti” come li chiama la Ministra. Sono qui a chiedermi (e a chiedervi) se saremo in grado di rientrare a settembre o se davvero, come millanta qualcuno, torneremo tra i banchi non prima di marzo 2021.
In Danimarca non hanno i superpoteri, hanno i cortili. Fanno scuola all’aperto, con la giacca e la sciarpa. In una sola mossa portano avanti l’imprescindibile necessità dei bambini di avere relazioni sociali con i compagni e con le maestre (e i maestri), di stare all’aria aperta per catturare vitamina D (e altre cosucce) e di rafforzare le loro difese immunitarie. Preservandoli, tra l’altro, dal forte rischio di sviluppo di fobie che saranno difficili da sradicare. Noi invece, con estrema lungimiranza li costringiamo in casa da due mesi e più, gridando al complotto quando si apre uno spiraglio a chi volesse fare quattro passi con i più piccoli.
Del resto quanti genitori, scegliendo la scuola per il proprio figlio, si preoccupano di verificare che nella scuola vi sia un cortile e di chiedere agli insegnanti: “Quante ore al giorno fate trascorrere ai bambini in cortile?”. Pressoché nessuno. Poi però vogliamo il cibo “bio” alla mensa, perché è sano.
Mi piacerebbe sapere se nella tanto citata “task force” (che mi ricorda una tasca forte, con cuciture ben rinforzate. Chiamarlo “gruppo di lavoro” sarebbe stato troppo vetusto) vi siano psicologi e psichiatri infantili (e non solo). Mi piacerebbe sapere se hanno considerato quali effetti collaterali porterà con sé l’isolamento sociale.
“L’uomo è per sua natura animale sociale” (insegnano all’università). Sempre all’università nella prima lezione di Igiene ed Educazione Sanitaria, la professoressa ci diede la definizione di salute secondo l’Oms: “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” (se la memoria non m’inganna). Ho come l’impressione che ciò risulterà dopo questo isolamento sociale per gran parte della popolazione sarà una condizione tutt’altro che “salutare” quindi.
Il 96% dei miei alunni vive in una casa senza giardino. Il 5% non ha nemmeno un terrazzo. Il 3% spartisce l’appartamento con più di 5 persone, in qualche caso estranee al nucleo famigliare più stretto.
Davvero volete farmi credere che nei prossimi mesi nessuno di coloro che sono costretti all’isolamento sociale svilupperà un disturbo post traumatico da stress? Davvero nessuno svilupperà disturbi ossessivi compulsivi riguardo l’igiene personale? Nessuno soffrirà di disturbi di ansia, o peggio di attacchi di panico, nel tentativo di uscire di casa con la paura di ritrovarsi in luoghi affollati?
Qualcuno ha mai sentito parlare di depressione infantile? Degli effetti che l’isolamento sociale può provocare in un adolescente espiantato dal suo mondo, in cui magari si era inserito con tanta fatica?
Davvero siete convinti che la “didattica a distanza” (e non chiamatela “della vicinanza”, perché siamo tutt’altro che vicini) possa sanare queste ferite? Quello che sta accadendo (a mio modesto parere) è il più grande e colossale fallimento della scuola pubblica, il più grande fallimento del diritto all’istruzione di ciascun bambino.
Perché stacci tu, cara Ministra, ad ascoltare la tua maestra dal cellulare di tuo zio con lo schermo rotto, mentre ti attacchi alla connessione del vicino, il cane abbaia, tuo fratello piange e tua mamma passa l’aspirapolvere. Mentre invece un tuo amico, che ha avuto la fortuna di nascere dal lato giusto dell’emisfero, la ascolta dallo schermo al plasma della sua sala con l’home Theatre e la colf che gli prepara la merenda. E poi dimmi se stiamo rispettando il diritto all’istruzione di ciascuno. Sono tutta orecchie. (n. b: Passaggio rabbioso della lettera)
Credo che finita l’emergenza gli insegnanti si troveranno ancora una volta a fronteggiare una situazione per la quale nella maggior parte dei casi non saranno preparati e non avranno le competenze. Si troveranno tra le mani bambini e ragazzi feriti, profondamente feriti, e non avranno le attrezzature giuste per curarli.
Siamo sicuri che la “task force” terrà conto della necessità di prevedere per ogni scuola almeno un professionista (parlo di uno psicologo scolastico, che in Italia non è previsto! – Ah, no? – – Non lo sapevate? – Macché! L’importante è che nella scuola di mio figlio ci sia la madrelingua -) che a titolo gratuito (n. b: a spese dello stato) riaccompagni bambini e genitori a riprendere la loro vita e le loro abitudini?
Ho come l’impressione che nessuno stia tenendo conto di questo. Ho come l’impressione che ci siamo assicurati che i fumatori avessero le sigarette, che i cani potessero fare pipì all’aria aperta, che le massaie avessero lievito e farina a volontà, che i personal trainer arrivassero con la fibra in casa di tutti, che i corrieri Amazon sfrecciassero più forti che mai (tanto loro sono immuni e poi sono tanti, come i cinesi) che cantanti e buffoni circensi vari avessero i loro spazi in tv… e mi fermo qui.
Ma nessuno si è preoccupato delle ossa e dei muscoli dei più piccoli, che saranno fragili. Nessuno ha pensato che 55 giorni (che poi saranno di più) sono un arco enorme della vita di un bambino. Nessuno ha pensato che ci saranno genitori terrorizzati dall’idea di fare uscire i propri figli e allora continueranno a tenerli in casa e ci sarà chi ne uscirà frantumato, magari avendo pure perso qualche nonno senza la possibilità di averne vissuto il lutto.
E allora il giorno in cui troveranno la forza di uscire (o quando saranno costretti a farlo) chi gli spiegherà che la vita non va vissuta chiusi in casa, all’ombra della morte? La maestra? Non lo so, se dovrò farlo io spero solo di poterlo fare tenendoli tra le braccia.
Se avete avuto la pazienza di leggere fin qui beh, vorrei dirvi che ciò non significa che sarebbe sicuramente giusto tornare a scuola domani, ma che sono convinta che la “task force” debba avere ben presente che il Paese si troverà di fronte ad un’emergenza sanitaria ancora più grave e catastrofica di quella in atto e che, se non curata per tempo, avrà come risultato una generazione di futuri adulti terrorizzati dall’idea che l’altro sia un loro potenziale nemico e che dall’asfalto spuntino virus che si attaccano alle suole delle scarpe.
P.S.: ovviamente tutto ciò dà per scontato il fatto che i suddetti alunni siano sopravvissuti alla fame, perché è vero che il più grande Uomo della storia ha detto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”, ma ha usato quell’avverbio -solo-, che implica che il pane abbia pur sempre la sua parte. E con 600 euro e le tasse invariate da pagare, cara “task force”, ben più del 5% dei miei alunni ne uscirà anche malnutrito (e non insegno in Africa, ma ben “più a nord di Firenze”!)
Con affetto, una maestra qualsiasi, che prima del virus portava i bambini per strada e li faceva scrivere appoggiati sui muri>>.
Melina Zerbo insegnante di Scuola Primaria – Genova
(nella foto di repertorio la scuola di Sassello)