Malasanità e responsabilità, risultati indagine legge Gelli-Bianco

Malasanità e responsabilità, risultati indagine legge Gelli-Bianco
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Da una interessante indagine Eurispes con il Tribunale di Roma

Eurispes Malasanità

– Ieri mattina a Roma, presso la Sala del Museo Ninfeo, è stata presentata la ricerca dal titolo: “La legge Gelli-Bianco e l’accertamento tecnico preventivo. Un primo bilancio sull’accertamento della responsabilità sanitaria nel Tribunale di Roma”.

Una indagine sul campo realizzata dall’Eurispes in collaborazione con la XIII Sezione del Tribunale di Roma, l’Enpam e lo studio legale Di Maria Pinò, ed è la prima realizzata in questo particolare ambito in Italia.

Analizzando il dettaglio dei settori specialistici interessati, emerge che il settore coinvolto più spesso è ortopedia (16,3%), seguito da chirurgia (13,2%) e da infettivologia (11,7%); nel complesso dunque il 41,2% degli Atp interessa questi tre settori. Odontoiatria ricorre nel 6,7% dei casi, chirurgia plastica ed oncologia sono coinvolti nel 5% degli Atp, immediatamente seguite da cardiologia (4,7%), neurochirurgia (4,5%) e ginecologia (4,2%). Percentuali ancora più basse si riscontrano per altri settori: neurologia (3,6%); urologia (3,4%); gastroenterologia (3%); oftalmologia (2,3%); chirurgia vascolare (2,2%); cardiochirurgia (1,8%); neonatologia (1,5%) e otorinolaringoiatria (1,3%). Tutti gli altri settori ottengono percentuali inferiori all’1%.

Per quanto riguarda la tipologia di convenuto, il 40,4% delle volte risulta trattarsi di una struttura pubblica, il 36,1% di struttura privata e, nell’11% dei casi, di medico persona fisica/assicurazione. Il restante 12,5% di Atp vede coinvolte tipologie miste di convenuto: il 7,3% di queste   riguardano   struttura   privata/medico   persona fisica/assicurazione e il 3,1% struttura pubblica/medico persona fisica/assicurazione; solo lo 0,9% coinvolge una struttura sia pubblica che privata; lo 0,8% riguarda struttura pubblica/struttura privata/medico persona fisica/assicurazione.  Lo 0,4% degli accertamenti è rivolto ad altre tipologie di convenuto (ad esempio, produttori di apparecchiature mediche).

L’incontro è stato aperto dal presidente del Tribunale di Roma, Roberto Reali, dal presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, e dal presidente dell’Enpam, Alberto Oliveti. Hanno discusso dei risultati dell’indagine: il presidente della XIII Sezione del Tribunale di Roma, Alberto Michele Cisterna, l’avv. Franco Di Maria, il prof. Luigi Tonino Marsella, il prof. avv. Luca Di Donna, l’avv. Angelo Caliendo, l’avv. Vincenza Pinò, il presidente dell’Osservatorio Salute, Previdenza e Legalità Eurispes-Enpam, gen. Carlo Ricozzi e il vicedirettore dell’Eurispes, Raffaella Saso. Il coordinamento dei lavori è stato affidato al prof. avv. Roberto De Vita.

La XIII Sezione del Tribunale di Roma (ve ne è solo una analoga presso il Tribunale di Milano), è composta da sedici magistrati che si occupano in via esclusiva di responsabilità professionale; nell’àmbito di tale responsabilità, quella sanitaria è pari a circa l’85%/90% del totale.

Infatti, il Tribunale di Roma è quello che tratta il maggior numero di cause di responsabilità medica e delle strutture sanitarie tra tutti i tribunali italiani (il 35% circa del totale), i risultati dell’indagine sono dunque ben rappresentativi del dato nazionale.

La consultazione dell’archivio della XIII Sezione, partendo da circa 2000 Accertamenti Tecnici Preventivi dal 1° aprile 2017 (data di entrata in vigore della “legge Gelli-Bianco”) al 31 dicembre 2021 ha permesso di repertare gli Accertamenti Tecnici Preventivi effettuati da 336 medici legali. Gli accertamenti tecnici considerati sono complessivamente 1380.

L’indagine ha reso possibile una prima, accurata, valutazione dell’impatto della “legge Gelli”, relativamente agli Accertamenti Tecnici Preventivi volti alla conciliazione della lite che rappresentano il primo livello della sua applicazione.

La Legge Gelli si prefiggeva, tra gli altri, un obiettivo ben preciso: quello di combattere la cosiddetta “medicina difensiva”, cioè una serie di comportamenti tenuti dall’operatore sanitario nei confronti del paziente con il solo fine di evitare il rischio della insorgenza dei contenziosi civili e penali a carico del medico e/o della struttura sanitaria. La medicina difensiva, oltre a costringere i medici in trincea, incide sul Servizio Sanitario Nazionale per circa 10 miliardi l’anno, il che è pari allo 0,75% del Pil (dati aggiornati al 2014).

A cinque anni dall’entrata in vigore della legge, nonostante alcune previsioni necessitino ancora dei decreti attuativi per poter dispiegare i propri effetti, dai risultati emersi appare come, almeno in parte e specularmente per il settore della responsabilità civile, la norma abbia raggiunto alcuni degli obiettivi prefissati.

Il dato di maggiore rilevanza è che nell’analisi dei 1380 Atp esaminati, i medici non risultano essere personalmente coinvolti nel 70,3% dei casi, mentre lo sono nel 29,7%.

Dalla ricerca emerge che gli Atp che si concludono positivamente per il paziente sono il 65,3%, mentre l’esito è stato positivo per la struttura il 31,1% delle volte; nei due terzi dei casi, dunque, la responsabilità professionale della struttura sanitaria e/o del medico risultano effettive. Si tratta di un dato inatteso, proprio perché l’Atp, che rappresenta il vero fulcro e cardine del procedimento, non è altro, sostanzialmente, che un giudizio che dei medici danno sull’operato di altri medici. Nel 29% degli Atp vi è stata una chiamata in causa dell’assicurazione.

Guardando alla tipologia di convenuto, il 40,4% delle volte risulta trattarsi di una struttura pubblica, il 36,1% di struttura privata e, nell’11% dei casi, di medico persona fisica/assicurazione.

Analizzando il dettaglio dei settori specialistici interessati, emerge che il settore coinvolto più spesso è ortopedia (16,3%), seguito da chirurgia (13,2%) e da infettivologia (11,7%); nel complesso, dunque, il 41,2% degli Atp interessa questi tre settori.

I dati indicano dunque, da un lato, come la maggioranza delle richieste di accertamento non sia pretestuosa ed evidenzi responsabilità mediche e delle strutture sanitarie, dall’altro come i medici specialisti chiamati a valutare, in qualità di consulenti tecnici di ufficio, siano corretti e trasparenti nell’accertamento delle responsabilità dei colleghi. Si evidenzia inoltre come in alcuni casi vi sia un problema di funzionamento delle strutture mediche e ospedaliere piuttosto che una responsabilità dei medici.

Il contrasto al fenomeno della medicina difensiva necessita anche e soprattutto di un intervento sociale e culturale di sistema, incentrato sul diritto ad un’adeguata informazione dei cittadini sulla efficacia degli interventi sanitari, costruito mediante il dialogo tra il paziente e il medico.

Un particolare sforzo, dunque, dovrà essere fatto in questa direzione.

 

G. D. (immagine di repertorio)