Scuola, attività didattiche decide Governo salvo emergenze
Gissi (Cisl): bene aver ricondotto a criteri nazionali le decisioni sulle modalità di svolgimento delle attività didattiche
Tra le disposizioni contenute nel decreto-legge approvato il 31 marzo in Consiglio dei Ministri (DL 1° aprile 2021 n. 44) una delle novità di maggior rilievo è relativa alle decisioni riguardanti le modalità di svolgimento delle attività didattiche.
I criteri per apertura e chiusura delle scuole saranno infatti, d’ora in poi, quelli stabiliti nel decreto per tutto il territorio nazionale: contrariamente a quanto avveniva precedentemente, le disposizioni non potranno essere derogate dalle Regioni e neppure dai Sindaci, a meno che vi sia una situazione di eccezionale e straordinaria necessità dovuta alla presenza di focolai o al rischio estremamente elevato di diffusione del virus Sars-CoV-2 o di sue varianti nella popolazione scolastica.
Gli eventuali provvedimenti in tal senso dovranno essere pertanto motivati, adottati dopo aver sentito le competenti autorità sanitarie e nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità, anche con riferimento alla possibilità di limitarne l’applicazione a specifiche aree del territorio.
“È una scelta opportuna e apprezzabile – commenta la segretaria generale Cisl Scuola Maddalena Gissi – finalmente si pone un argine ai provvedimenti di scuola on demand o di chiusura delle attività didattiche in presenza, che erano stati adottati a macchia di leopardo da Presidenti delle Regioni e Sindaci. Si eviterà così la frammentazione sperimentata nei mesi scorsi con il rincorrersi di provvedimenti regionali o locali che davano luogo ad applicazioni completamente difformi sul territorio nazionale, indipendentemente dai dati di contagio”.
Dalla ripresa dopo le festività pasquali, su tutto il territorio nazionale, l’attività della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e del primo anno della secondaria di primo grado è assicurata comunque in presenza, indipendentemente dal colore delle diverse zone.
Nei territori classificati come zona rossa si svolgono a distanza le attività didattiche del secondo e terzo anno della scuola secondaria di primo grado e della scuola secondaria di secondo grado. Nelle zone arancioni o gialle le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado adottano forme flessibili nell’organizzazione, affinché sia garantita l’attività didattica in presenza ad almeno il 50 per cento, e fino a un massimo del 75 per cento, della popolazione studentesca, mentre per la restante parte degli alunni ci si avvale della didattica a distanza.
Resta sempre garantita la possibilità di svolgere attività in presenza qualora sia necessario l’uso di laboratori o per mantenere una relazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali.
“È importante e positivo – conclude Gissi – contrastare il rischio di insorgenza di localismi anche per effetto di eventuali pressioni sugli amministratori locali. Situazioni che, a lungo andare, possono offuscare la dimensione strategica del servizio istruzione, asse fondamentale dello sviluppo del paese e diritto degli alunni su tutto il territorio nazionale”.
G. D.