Scuola riapertura. I protocolli non bastano e ancora sulla responsabilità dei presidi

Scuola riapertura. I protocolli non bastano e ancora sulla responsabilità dei presidi
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Nelle classi pollaio non si potrà dare forma al distanziamento interpersonale richiesto

Ritorno in classe, i protocolli servono ma non bastano. Marcello Pacifico (Udir/Anief): bisogna agire sul decreto ‘agostano’

La definizione degli accordi del ministero dell’Istruzione con parti sociali e sindacati è determinante per la ripresa delle lezioni. Tuttavia, occorrono accorgimenti ulteriori prima del 14 settembre. Lo ha detto Marcello Pacifico, presidente Anief e Udir nel corso di un’intervista a Italia Stampa. “Sui protocolli ci sono delle tematiche ancora da affrontare. E anche la questione del precariato non cambia, perché a fronte delle 80 mila assunzioni in ruolo, meno della metà probabilmente riuscirà ad ottenere un contratto” a tempo indeterminato, “perché non ci sono supplenti inseriti nelle graduatorie utili per poter ambire al ruolo. Ciò ci porta a chiedere delle modifiche e delle interpretazioni chiare anche da parte del Parlamento, attraverso emendamenti che proporremo al decreto agostano. Sono argomenti sul precariato che porremo anche al Governo: servono risorse definitive e non sempre variabili per tutelare i diritti di questi lavoratori”.

È un periodo frenetico quello che ci accingiamo a vivere per il ritorno in classe. “Ultimi giorni per la ripartenza delle scuole in sicurezza: è stato fatto tanto, sono stati firmati, anche da Anief, due protocolli. Uno sugli Esami di Stato prima e poi uno proprio per la riapertura delle scuole a settembre. In queste ore” è stato firmato “anche quello su Infanzia e Primaria, quindi per il percorso 0 e 6 anni. Tutti questi protocolli Anief li ha firmati perché, con spirito di collaborazione, ha voluto anche indicare le proprie proposte, quelle dei propri esperti sulla sicurezza, anche ingegneri, così da dare un contributo positivo al dibattito e all’apertura del Governo su organici e nuove forme di finanziamento che andassero a ridefinire un nuovo assetto degli organici”.

“Purtroppo, molti banchi arriveranno a scuola iniziata, in molti istituti ad ottobre. Ed anche gli spazi aggiuntivi chiesti dai presidi – ha ricordato Iol sindacalista autonomo – sono così tanti, per via delle classi pollaio, che in alcuni casi purtroppo non si potrà dare forma al distanziamento interpersonale richiesto dal Comitato Tecnico Scientifico. Tutto questo mentre ancora aspettiamo l’attivazione dei tavoli definiti all’interno del protocollo, anche per definire tutte quelle tematiche rimandate ma che devono essere affrontate prima dell’inizio dell’anno scolastico”.

“I diritti dei lavoratori – ha continuato Pacifico – passano anche per la sicurezza: dalla prossima settimana cominceremo a visitare le scuole per verificare se sono in grado di poter portare avanti le norme sul protocollo sulla sicurezza. Oppure se è necessario un ulteriore intervento del Parlamento per chiarire la responsabilità del personale dirigente, amministrativo, docente o educativo”.

 

Il Ministero dà ragione al presidente Udir sulla responsabilità dei presidi in tema di Covid-19

Il ministero dell’istruzione con la nota 1466 del 20 agosto è intervenuto per fare chiarezza sulle responsabilità civili e panali dei Dirigenti Scolastici in materia di prevenzione e sicurezza Covid-19, ricordando l’applicabilità dell’art. 51 del Codice Penale richiamato dal presidente Udir Marcello Pacifico durante diversi interventi. Bene, ma serve chiarezza normativa anche sul rischio biologico. Perché dopo lo stato di agitazione promosso dai dirigenti Udir, seguono le rassicurazioni del Capo Dipartimento Marco Bruschi del ministero dell’Istruzione sull’applicabilità dell’art. 51 del C.P., già richiamato più volte dal presidente Marcello Pacifico in diversi webinar e allo stesso premier Giuseppe Conte durante gli Stati generali: “L’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità” anche nei confronti dei presidi.

Certo, nello scorrere, l’articolo 51 citato si scopre che “se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell’autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale [c.p. 357] che ha dato l’ordine. Risponde del reato altresì chi ha eseguito l’ordine, salvo che, per errore di fatto abbia ritenuto di obbedire a un ordine legittimo. Non è punibile chi esegue l’ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell’ordine.” Pertanto, la responsabilità penale non è in capo al Dirigente Scolastico ma all’amministrazione Pubblica (in questo caso al MI) se e solo se i protocolli attuativi da essa emanati non sono stati seguiti dai dirigenti mediante l’applicazione di efficaci ed idonee misure preventive e protettive per l’utenza ed i lavoratori.

La norma di fatto disciplina il principio di non contraddizione, secondo cui l’ordinamento non può da un lato riconoscere al soggetto la possibilità di agire in un certo modo e dall’altro sanzionare tale suo comportamento. La differenza sta nel fatto che l’esercizio del diritto presuppone un potere di agire riconosciuto dalla legge, mentre l’adempimento del dovere si riferisce ad un obbligo e non ad una scelta di agire, presupponendo che il comportamento sia ammesso dalla legge in quanto imposto. Nel merito, l’art. 51 C.P. non indica quando la norma su cui si fonda il diritto debba ritenersi prevalente, rispetto alla norma penale incriminatrice. Il problema sorge perché in taluni casi è la norma penale ad avere prevalenza sulla norma che fonda il diritto esercitato, poiché non è sufficiente che si attribuisca un diritto ma è necessario, allo stesso tempo, che possa essere esercitato mediante l’azione arrecante reato.

Il contagio da Covid19 si qualifica così come un infortunio che, come tale, schiude un potenziale profilo di responsabilità penale per il datore di lavoro solo se non abbia adottato le misure necessarie a prevenirne il rischio, in adozione vincolante ai protocolli dettati dal diretto gerarchico superiore che si configura nel Dirigente dell’Usr e nel Ministro competente stesso. Chi è seguito dagli esperti legali e consulenti Udir, infatti, potrà in maniera agevole dimostrare come non sia imputabile ad esso l’inosservanza delle misure antinfortunistiche, quale causa di infezione-malattia del lavoratore, e dei reati di lesioni personali gravi o gravissime ai sensi dell’art. 590 c.p. (salvo ipotesi di malattia lieve, guaribile in meno di 40 giorni, nel qual caso scatterebbe anche la procedibilità a querela), oppure di omicidio colposo ai sensi dell’art. 589 c.p. qualora al contagio sia seguita la morte.

Il datore di lavoro, ricorda Udir, è infatti titolare di una “posizione di garanzia” discendente in primo luogo dall’art. 2087 c.c. che gli impone di tutelare l’integrità fisica dei lavoratori. La nota 1466 MI del 20 agosto 2020, alla luce della circolare Inail n. 22 del 20 maggio 2020 e dell’art. 42 comma 2 del decreto legge 17 marzo 2020 n. 18, chiarisce e solleva in ambito civile la parte datoriale in ordine alla imputabilità di eventuali comportamenti omissivi che possano essere stati causa del contagio. Infatti quanto sopra narrato trova pieno riscontro nell’articolo 29-bis del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 convertito con modificazioni dalla legge 5 giugno 2020, n. 40 (come da comunicato stampa del Cts del 19/08/2020) che ha introdotto una disposizione che limita la responsabilità di cui all’articolo 2087 del codice civile dei Dirigenti Scolastici, per infortuni da Covid-19 nelle loro tutele contro il rischio di contagio da Covid-19.

Infatti i presidi devono adempiere all’obbligo di tutela della salute e sicurezza per i propri lavoratori e dell’utenza, attraverso l’applicazione, l’adozione e il mantenimento delle prescrizioni e delle misure contenute nell’articolo 2, comma 6, del Dpcm 26 aprile 2020, che impone il rispetto dei contenuti del protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus covid-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali, nonché le linee guida di cui all’articolo 1, comma 14 del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33 e le indicazioni tecnico scientifiche di settore ad indirizzo ministeriale.

Pertanto, in sede Civile il riconoscimento della tutela infortunistica da parte dell’Inail non è rilevante ai fini del riconoscimento della responsabilità civile del Dirigente Scolastico fermo restando che è «conditio sine qua non» accertare la colpa datoriale per esser stato proprio lui a causare l’evento dannoso. Per cui l’osservanza dei protocolli ministeriali è idonea a rappresentare assolti gli obblighi richiamati, ex art. 2087 cc, da parte del datore di lavoro.

Cosa ben diversa nei profili di responsabilità in sede penale ove dovrà esser preliminarmente eseguito dall’autorità competente l’accertamento rigoroso non solo del nesso di causalità ma anche di quella imputabilità in capo al Dirigente Scolastico nelle sue vesti datoriali. Ricordiamoci che già da tempo l’articolo 271 del Testo Unico sulla Sicurezza, imponeva l’obbligo al datore di lavoro di valutare anche il rischio biologico. Questo è il problema che il legislatore dovrà affrontare e risolvere nel decreto agostano n. 104 in fase di conversione in Legge dello Stato. È bene evidenziare che trascurare gli obblighi previsti dal D.Lgs. n. 81/2008 sarebbe già di per sé motivo di sanzione penale, in forma di arresto o ammenda, a prescindere dal fatto che si siano verificati o meno degli infortuni sul lavoro. Pur tuttavia il riconoscimento dell’infortunio da parte dell’Inail non assume alcun rilievo al fine di sostenere l’accusa, considerate: sia Il principio di presunzione di innocenza, sia l’onere della prova a carico del pubblico Ministero.

E’ altresì vero che sulla base della mutevolezza delle misure preventive e protettive da adottare a scuola nonché dell’andamento epidemiologico e delle variegate modalità di contagio rimane estremamente difficile riuscire, da parte dell’autorità competente a configurare una responsabilità penale a carico dei Dirigenti Scolastici. Questo perché l’infezione da Covid 19 ha caratteristiche peculiari che la contraddistinguono rispetto ad altre infezioni morbose e parassitarie, non per le caratteristiche intrinseche del contagio o dell’attività virulenta dell’agente patogeno, bensì per il contesto pandemico ed universale nel quale il contagio si colloca. Tale contesto pandemico rende praticamente impossibile stabilire con certezza se la malattia sia stata contratta nell’ambiente lavorativo o sociale/ familiare.

In ogni caso, l’ipotesi di infortunio da virus Covid-19 si deve ritenere che costituisca ipotesi di colpa del lavoratore, nei casi in cui il lavoratore non faccia uso di dispositivi di protezione individuale o non osservi le distanze di sicurezza; mentre costituisce ipotesi di colpa per il capo d’istituto se non adotti ed al contempo curi l’osservanza delle misure preventive e protettive imposte con Dpcm od Ordinanze Regionali. Quindi il Dirigente Scolastico per liberarsi in toto da ogni forma di responsabilità deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare l’infortunio e quindi il danno alla persona, ovvero di esser riuscito ad adottare ogni forma di cautela necessaria per impedire il verificarsi del danno stesso.

 

 

G. D.