Esposto in Procura sul Pronto Soccorso di Cairo. Melis “Centrodestra nega l’evidenza”, Brunetto “Procedure del tutto nuove”
Sul presidio della Valbormida è scontro aperto in campagna elettorale
<<Inascoltati, i cittadini della Valbormida, riuniti in un Comitato presente da anni, non ci stanno a subire l’ennesima decisione calata dall’alto nonostante abbiano più volte chiesto, per il loro nosocomio, che si riattivasse il Pronto Soccorso – afferma il vicecapogruppo M5S e candidato alle regionali Andrea Melis. È infatti ormai da tempo che il territorio, e con esso il M5S in consiglio regionale, denuncia il depotenziamento del “San Giuseppe” di Cairo Montenotte con gravi ed evidenti ricadute sulla sanità locale.
Un depotenziamento che ha via via depauperato i servizi essenziali: il Punto di primo intervento h24, chiuso causa Covid (decisione peraltro sbagliata nel merito già a suo tempo), anziché riaprire è stato adibito a mero ambulatorio per codici bianchi. È evidente che siamo ben lontani dalle richieste, giuste e fondate, di classificare il nosocomio di Cairo Montenotte come “Ospedale di Area Disagiata” per la riattivazione del Pronto Soccorso e i servizi a supporto.
Naturale dunque che, disattendendo il diritto alla salute dei cittadini, il Comitato abbia presentato un esposto alla Procura di Savona per interruzione di pubblico servizio – aggiunge Melis -. Irricevibile invece la reazione dell’assessore alla Sanità che, come al solito, anziché rispondere nel merito cerca di sviare l’attenzione su presunte colpe del Governo (ma la Sanità, giova ricordarlo, è di competenza regionale) e sminuisce lo stesso Comitato, definito “sedicente”. Un atteggiamento questo che non possiamo assolutamente sdoganare perché denota una totale mancanza di rispetto per i cittadini”.
Al Governatore e alla sua Giunta – conclude il consigliere – ricordiamo che soprattutto in materia salute non servono slogan, servono invece fatti concreti e tangibili, capaci di fare la differenza. Servono amministratori in grado di ascoltare e di dare seguito alle richieste del territorio che, in questo caso particolare, sono più che giuste>>.
Sull’esposto alla Procura della Repubblica di Savona presentato dal “Csl – Comitato Difesa Sanità Locale-Permanente (Valbormida)” e riguardante il funzionamento del pronto soccorso dell’ospedale San Giuseppe interviene Brunello Brunetto, direttore della Struttura complessa di anestesia e rianimazione degli ospedali di Savona e Cairo Montenotte e candidato Lega per Salvini alle elezioni regionali della Liguria.
<<Tra i problemi – spiega Brunetto – più comuni che si pongono di fronte al medico che assiste un paziente appena arrivato in ospedale in questo periodo c’è quello di evitare che questi possa essere contagiato o contagiare altri pazienti. Come gli scorsi mesi e ancor più la fase post lockdown hanno dimostrato, pur essendo asintomatiche per la sindrome Sars-CoV2 molte persone possono infettare gli altri. L’unica maniera per accertarlo è sottoporre tutti a tampone, ma spesso le necessità di trattamento urgente non consentono di attendere il risultato per poter agire.
Per ridurre al minimo questo rischio, in ASL2 abbiamo classificato i pazienti in quattro categorie, alle quali sono riservati quattro diversi percorsi. I pazienti sospetti e sintomatici per Covid-19 vengono isolati in apposite aree e trattati con percorsi dedicati, anche dal punto di vista chirurgico, con sale operatorie separate. I pazienti affetti da Covid-19 vengono trattati in altre aree specifiche. I pazienti senza sintomi per Covid-19 ma che necessitano di cure per altre cause vengono inizialmente isolati e trattati in aree distinte rispetto ai sospetti e ai positivi, in attesa del risultato del tampone; se necessitano di interventi chirurgici urgenti vengono operati in una sala operatoria dedicata. Infine, i pazienti risultati negativi al tampone vengono curati nelle normali aree di trattamento. Solo in questo modo è possibile ridurre i rischi di contagio nelle strutture ospedaliere; questo può comportare qualche disagio, ma a vantaggio di tutti.
I protocolli attualmente in vigore – aggiunge Brunetto – stabiliscono che, in caso di recrudescenza dell’epidemia, tutte le strutture allestite nella fase più acuta e in parte ‘smantellate’ a seguito del calo del numero e della gravità dei casi debbano essere riattivate e ritornare a funzionare a pieno regime entro un massimo di 72 ore.
Questa emergenza dunque, ha richiesto la predisposizione di procedure del tutto nuove, che sono entrate a far parte in pianta stabile del funzionamento del nostro sistema sanitario. Alla luce di ciò, molti aspetti – conclude -, legati alla gestione delle emergenze-urgenze non potranno più essere gestiti come avveniva in passato”.
G. D.