Impiccato in carcere l’uomo che ha tentato di uccidere la ex a Pietra Ligure
Trovato senza vita nella cella dove era stato rinchiuso il giorno dell’Epifania
Imperia suicidio
– Michele Scarlata, 65 anni, si è suicidato nel carcere a Imperia, era stato arrestato il 6 gennaio per aver brutalmente tentato di uccidere l’ex compagna. Si chiude drammaticamente un inferno che durava da due anni, poiché Scarlata non si era mai arreso alla fine del loro matrimonio.
Quella sera la donna era stata aggredita di fronte al portone di casa e colpita con violenza con una pesante chiave a cricchetto, con l’intento di uccidere. Le sue grida avevano richiamato l’attenzione dei vicini che bloccavano l’aggressore e, dopo l’arrivo dei carabinieri di Pietra Ligure, veniva arrestato e trasferito al carcere di Imperia.
Per fortuna, la donna, poi ricoverata al Santa Corona di Pietra Ligure, non è mai stata in pericolo di vita, anche se le “ferite” resteranno a lungo.
Sul suicido dell’uomo è intervenuto il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria: <<Siamo costernati ed affranti: un detenuto che si toglie la vita in carcere è una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea – denuncia Donato Capece, segretario generale del Sappe -.
L’uomo suicida, sessantacinquenne siciliano associato a Imperia a seguito di un’accusa di tentato omicidio nei confronti della sua compagna, in attesa di primo giudizio, si è impiccato in cella. Decidere di uccidersi è una scelta che ha sconvolto tutti, operatori ed altri ristretti.
Chiunque – prosegue il segretario -, ma soprattutto chi ha ruoli di responsabilità politica ed istituzionale, dovrebbe andare in carcere a Imperia a vedere come lavorano i poliziotti penitenziari, orgoglio non solo del Sappe e di tutto il Corpo ma dell’intera Nazione.
L’ennesimo suicidio di un detenuto in carcere dimostra come i problemi sociali e umani permangono: è il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti. È fondamentale dare corso a riforme davvero strutturali nel sistema penitenziario e dell’esecuzione della pena nazionale, a cominciare dall’espulsione dei detenuti stranieri, specie quelli, e sono sempre di più, che, ristretti in carceri italiani, si rendono protagonisti di eventi critici e di violenza durante la detenzione.
A tutto questo – conclude, amareggiato, Capece – si aggiunga la gravissima carenza di poliziotti penitenziari. Come si fa a lavorare così?>>.
G. D.