Anche in Liguria si mangia meno pane: addio a 1 pagnotta su 3

Anche in Liguria si mangia meno pane: addio a 1 pagnotta su 3
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Da 120 grammi a testa al giorno si scende a 80

Liguria pane

– Minimo storico per il consumo di pane: appena 80 grammi a testa al giorno. Che significa l’addio a 1 pagnotta su 3 (-33%) in poco più di un decennio.

Dati che saltano fuori da una analisi della Coldiretti diffusa al Villaggio contadino di Roma alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Alimentazione, celebrata tradizionalmente il 16 ottobre di ogni anno per ricordare l’anniversario della data di fondazione della Fao, istituita a Québec nel 1945.

Infatti, nel fine settimana trascorso all’interno della grande area del Circo Massimo a Roma è stata allestita la prima mostra dei pani d’Italia a rischio scomparsa, con gli esemplari più rari provenienti dai forni di tutte le regioni.

“Il calo degli acquisti – spiegano Gianluca Boeri e Bruno Rivarossa, presidente di Coldiretti Liguria e delegato confederale – ha avuto una notevole accelerazione negli ultimi anni”.

Nel 2010 il consumo di pane si aggirava intorno ai 120 grammi a testa al giorno, mentre oggi i dati parlano di una riduzione auna dose quotidiana di circa 80 grammi pro capite. Addirittura, nel 2000 il dato si aggirava sui 180 grammi al giorno, nel 1990 sui 197 grammi e nel 1980 intorno ai 230 grammi.

Se poi andiamo ai tempi dell’Unità d’Italia, nel 1861, si stima che la popolazione mangiasse ben 1,1 kg di pane a persona al giorno.

Va anche detto che non tutto il pane consumato dalle famiglie italiane è fresco: spesso si tratta di impasti surgelati, realizzati anche all’estero, e la cui cottura è terminata nel punto vendita.

“Per legge – sottolineano i vertici Coldiretti – viene denominato fresco il pane ottenuto secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento o alla surgelazione. Fa eccezione il solo rallentamento del processo di lievitazione, privo di additivi conservanti e di altri trattamenti aventi effetto conservante.

Con il taglio dei consumi – aggiungono – si è verificata una svolta anche nelle abitudini a tavola. Non a caso, negli ultimi anni è salito l’interesse per il pane biologico e, con l’aumento dei disturbi dell’alimentazione, sono nati nuovi prodotti senza glutine e a base di cereali alternativi al frumento.

Sempre più apprezzate, dunque, le varianti salutistiche e ad alto valore nutrizionale, ma anche le preparazioni casalinghe, con circa 8,5 milioni di italiani che si improvvisano fornai e preparano addirittura il pane in casa, magari utilizzando anche farine di cereali antichi”.

Alcuni pani della tradizione popolare italiana sono purtroppo a rischio sopravvivenza, tra i quali ben sei addirittura riconosciuti dall’Unione Europea. Si tratta della Coppia ferrarese (Igp, Emilia-Romagna), Pagnotta del Dittaino (Dop, Sicilia), Pane casareccio di Genzano (Igp, Lazio), Pane di Altamura (Dop Puglia), Pane di Matera (Igp, Basilicata) e Pane Toscano (Dop, Toscana).

“Tra le centinaia di specialità tradizionali censite in questo ambito – proseguono – figura anche il celeberrimo pane di Triora, il paese delle streghe nell’entroterra di Imperia, cotto per circa un’ora su delle tavole di legno cosparse di crusca”.

E ancora: l’aumento dei prezzi e una più diffusa sensibilità ambientale ha portato anche molti cittadini a cercare di ridurre gli sprechi, riutilizzando il pane avanzato per la creazione di ricette prese dalla tradizione contadina, dalla panzanella ai canederli, dal pancotto agli gnocchi di pane.

“Secondo un’analisi Coldiretti basata su dati Ista – concludono ancora Boeri e Rivarossa – la spesa familiare in Italia per il solo pane ammonta a 6,7 miliardi all’anno.

Se pagnotte e panini restano, dunque, al terzo posto della classifica dei cibi più gettati nella spazzatura, nel 2022 è diminuita la percentuale di famiglie che dichiarano di buttarlo, passata dal 21% al 16%, secondo un’analisi Coldiretti su dati Waste Watcher. Ad essere preferito, nonostante il consumo in costante calo, continua ad essere il pane artigianale, che rappresenta l’84% del mercato. Cambia, però, la pezzatura più gettonata, che scende del 50% nei dieci anni: da 1,5 kg ad 1 kg soltanto>>.

Sarà anche che non ci sono più i panettieri di una volta, certo è che “cibi più gettati nella spazzatura” non si può proprio leggere!

 

G. D.