Primi due maiali colpiti dalla peste suina. Timore e paura, Confagricoltura incontra Ferrari
Nel Lazio due casi di Peste Suina in allevamento. Confagricoltura Asti incontra Ferrari e torna a chiedere un cambio di passo sul contenimento dei cinghiali
La Peste Suina entra negli allevamenti laziali. Sono stati scoperti due maiali infetti nella zona rossa laziale: primo caso di infezione in Italia che colpisce i suini domestici.
<<Non riusciamo a comprendere che cosa si stia ancora aspettando – dichiara Gabriele Baldi, presidente di Asti Agricoltura – perché stiamo perdendo tempo prezioso, con provvedimenti a rilento, senza che venga attuata nessuna azione di depopolamento nelle aree infette, mentre al di fuori di queste l’abbattimento dei cinghiali, rispetto agli anni precedenti, è pressoché inesistente>>.
Confagricoltura porta ad esempio l’azione della Repubblica Ceca, dove la peste suina africana è stata eradicata in poco più di un anno e mezzo dal ritrovamento del primo cinghiale infetto; dopo tre mesi dall’inizio dell’emergenza sono stati avviati gli abbattimenti dei cinghiali con l’impiego di cacciatori e tiratori scelti delle forze dell’ordine.
<<Da noi – afferma Mariagrazia Baravalle, direttore della Confagricoltura astigiana – sono passati cinque mesi senza che siano state adottate misure significative di contenimento della popolazione di cinghiale e la posa delle recinzioni, considerate propedeutiche per l’avvio degli abbattimenti, sono appena iniziate; dagli ultimi dati risulta che siano stati abbattuti circa duemila capi di cinghiali a fronte di un obiettivo a nostro avviso già ampiamente sottostimato, di 38.000 cinghiali.
Nella giornata di ieri – prosegue il direttore – abbiamo incontrato nella sala del consiglio provinciale il commissario straordinario per la Psa nominato dal Ministero, Angelo Ferrari, dal quale abbiamo ascoltato con interesse una relazione particolareggiata delle difficoltà e di quanto fatto sinora. Siamo però fortemente preoccupati perché abbiamo avuto conferma che per ora non sono previsti fondi per il depopolamento da attuare con i piani regionali!>>.
Confagricoltura Piemonte, che la settimana scorsa ha chiesto ai capigruppo a Palazzo Lascaris di promuovere la convocazione di un consiglio regionale aperto sulla peste suina africana, evidenzia come il Piemonte sia già oggi fortemente penalizzato dal mercato, soprattutto da quello internazionale, che preferisce evitare di acquistare prodotti suinicoli del territorio.
<<In Piemonte – conclude Baldi – si allevano 1,4 milioni di capi suini e il comparto rappresenta poco meno del 9% del totale nazionale ed il valore della filiera supera i 700 milioni di euro, un patrimonio che rischia di essere azzerato>>.
Ifatti del Lazio non penalizzino il Piemonte e la filiera nazionale
Preoccupazione per le conseguenze che il passaggio del virus della Peste suina africana dai cinghiali a due maiali riscontrato ieri nel Lazio potrebbero avere sull’intera filiera della suinicoltura nazionale e speranza che Commissione europea e Governo nazionale sappiano tener conto dei tempestivi ed efficaci sforzi compiuti dal Piemonte per impedire la diffusione del contagio sono state espresse dall’assessore regionale alla Sanità di Regione Piemonte.
Ciò che è avvenuto nel Lazio, osserva l’assessore, è la controprova di come le drastiche misure assunte fin qui a caro prezzo dalla Regione Piemonte, d’intesa con le organizzazioni di categoria agricole, siano state non solo utili, ma indispensabili, tanto da rendere impossibile il contagio dei suini nella zona rossa del Piemonte perché tutti gli 8.000 capi presenti sono stati immediatamente abbattuti per creare un cordone di massima sicurezza sanitaria, con una spesa a carico della Sanità regionale di oltre due milioni di euro di indennizzi agli allevatori per la totale copertura del danno. Tutto ciò a tutela della filiera suinicola piemontese, che vale circa un miliardo di euro e comprende circa 1.300.000 capi (di cui 900.000 in provincia di Cuneo).
Secondo l’assessore il Lazio pare non aver adottato le stesse precauzioni, così che si assiste al passaggio del virus dal cinghiale al maiale d’allevamento nella sua zona rossa.
Una situazione che rischia di essere oltremodo punitiva per il Piemonte, che si è comportato in modo virtuoso, se le paventate restrizioni al commercio delle carni suine e dei prodotti derivati venissero adottate su tutto il territorio nazionale senza distinzioni di merito.
G. D.