Peste suina, proteste in piazza: Giù le mani dai maiali e dai cinghiali

Peste suina, proteste in piazza: Giù le mani dai maiali e dai cinghiali
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Da tutta Italia ieri a Genova per protestare contro i provvedimenti della Regione Liguria, salvi gli animali “casalinghi”

Genova

– Con l’esplosione della peste suina anche una manifestazione, davanti al palazzo della Regione Liguria, organizzata dalle associazioni Animalisti Genovesi e Fine dello Specismo, affiancate dalla Rete dei santuari di animali liberi.

«Siamo qui per rappresentare i cinghiali che vivono pacificamente nel Bisagno, ignari del destino tragico che li aspetta. E siamo qui anche per non dimenticare tutti gli animali degli allevamenti che sono stati uccisi nei giorni scorsi. Non possiamo non sentire forte l’angoscia per tutto il sangue che sta scorrendo in questo momento»

Sono arrivati da tutta Italia oggi a Genova per protestare contro i provvedimenti regionali che, per contenere la peste suina nella zona rossa tra Liguria e Piemonte, prevedono l’uccisione dei cinghiali, come quelli che vivono pacificamente lungo il torrente Bisagno, e dei maiali negli allevamenti allo stato brado o semi-brado.

peste suina 1 Giù le mani dai maiali e dai cinghiali

“Giù le mani dai maiali e dai cinghiali” è stato lo slogan di tanti cittadini, che nei giorni scorsi hanno inviato migliaia di lettere di protesta contro la strage annunciata dall’ordinanza regionale e che sono stati chiamati a scendere nella centrale piazza De Ferrari, davanti al palazzo della Regione, dalle associazioni Animalisti Genovesi e Fine dello Specismo, affiancate dalla Rete dei santuari di animali liberi e da tanti attivisti.

Salvi maiali e cinghiali in zona rossa tenuti non a scopo di lucro, sottratti alla macellazione da cittadini e rifugi

«Siamo davanti all’ennesimo atto di arroganza antropocentrica – commenta Barbara Mugnai – attivista dell’associazione Fine dello Specismo -; non c’è la minima volontà da parte delle istituzioni di cercare un modo di convivere in armonia con altre specie a cui togliamo terreno e habitat ogni giorno di più.

Ci sentiamo, come sempre, al centro di un universo in cui dominiamo tutto e tutti, in cui decidiamo vita e morte di altri individui. Siamo qui per dire no a tutto questo, per affermare il diritto alla vita e alla libertà di ciascun individuo, qualunque sia la sua specie».

«Oggi siamo in piazza per ribadire che ogni individuo è unico al mondo e che quello che le istituzioni vogliono mettere in atto è un vero e proprio genocidio che non possiamo accettare – ha detto Sara d’Angelo, coordinatrice della Rete dei santuari di animali liberi -.

Siamo qui a fianco dei cinghiali che vivono pacificamente nel Bisagno ignari del destino tragico che li aspetta. E siamo qui anche per non dimenticare tutti gli animali degli allevamenti che sono stati uccisi nei giorni scorsi. Se è vero che purtroppo erano animali che avrebbero comunque finito la loro breve vita in un mattatoio, non possiamo non sentire forte l’angoscia per tutto il sangue che sta scorrendo in questo momento.

E non possiamo accettare che in questi provvedimenti per contenere l’epidemia non si faccia distinzione tra gli animali malati e quelli sani, che potrebbero resistere al virus e sopravvivere».

«Le ordinanze emesse vogliono tutelare gli allevamenti intensivi – spiega Fabio Dolia di Animalisti Genovesi – quindi parliamo di ammazzare animali sani per tutelare il diritto di ucciderne altri e questo per noi è inaccettabile. Una misura che non riguarda solo gli animali nel Bisagno, che dovrebbero essere messi in sicurezza prima di finire nelle strade cittadine.

Non è giusto pensare di risolvere un problema causato in parte dall’uomo togliendogli la vita. Non sono loro il veicolo di questa malattia che è arrivata dall’Est Europa, e i cinghiali non volano, la peste suina l’ha portata l’uomo».

Ai manifestanti nel pomeriggio è arrivata una buona notizia dal Ministero della Salute: sono salvi i maiali di ogni genere e i cinghiali in zona rossa tenuti non a scopo di lucro, sottratti alla macellazione nei mesi e negli anni scorsi da cittadini e rifugi, colpiti anch’essi dalle ordinanze ministeriali e delle Regioni Liguria ed Emilia Romagna.

 

G. D.