Incendi nel levante ligure. A chi conviene il fuoco?
Servono interventi strutturali per contrastare abbandono delle campagne, ma occorrono anche pene severe per i piromani e verifiche sul… dopo
Caldo e piromani spingono i grandi incendi che in Italia sono cresciuti del 256% nell’estate 2021 con una escalation di fuoco che dalla Liguria alla Calabria, dalla Sardegna alla Puglia, dalla Sicilia alla Campania, dalla Basilicata all’Abruzzo, fino Marche, Molise e Toscana, costa all’Italia circa un miliardo di euro fra opere di spegnimento, bonifica e ricostruzione.
Dati che emergono da una analisi Coldiretti su media storica 2008-2020 in relazione ai violenti roghi che stanno devastando il Paese con decine di migliaia di ettari di boschi e macchia mediterranea inceneriti dalle fiamme, animali morti, alberi carbonizzati, oliveti e pascoli distrutti e fiamme che arrivano a lambire case e città.
In questi giorni è il levante ligure ad essere colpito, tra le province di Genova e La Spezia: incendi divampati tra Rezzoaglio e Montoggio, così come nella Val Petronio, colpite Casarza, Cogorno e anche l’entroterra di Framura (nelle foto).
<<Le fiamme hanno interessato un’area vasta e particolarmente impervia che ha distrutto circa 100 ettari di bosco – spiega il direttore di Genova e La Spezia Francesco Goffredo -.
Una situazione che impatta negativamente sull’economia dei nostri territori tra le operazioni di spegnimento e i danni alla flora, alla fauna, all’ambiente ed alle attività agricole ai quali vanno aggiunti quelli a lungo termine per la bonifica delle aree e per far rinascere tutto l’ecosistema forestale>>.
<<Per ricostruire tutto l’ecosistema del bosco e ripristinare le attività tradizionali – commentano il presidente di Coldiretti Liguria Gianluca Boeri e il delegato confederale Bruno Rivarossa – ci vogliono in media 15 anni.
Occorrono azioni strutturali per ricreare le condizioni economiche e sociali affinché si contrasti l’allontanamento dalle campagne e si valorizzino quelle funzioni di vigilanza, manutenzione e gestione del territorio svolte dagli imprenditori agricoli anche nei confronti delle azioni criminali che sono un danno per l’intera collettività>>.
I dati nazionali del ministero della Transizione ecologica fanno rabbrividire.
<<Gli incendi dolosi e colposi nel 2020 sono stati 4233 e hanno toccato oltre 62 mila ettari. 552 le persone denunciate, 18 arresti, 79 sequestri – ha spiegato il ministro Roberto Cingolani -.
Rispetto al 2019 i reati sono aumentati dell’8,1%, mentre la superficie bruciata è cresciuta del 18,3% e sono salite anche le denunce (+25,2%) e gli arresti (+80%). In Campania, Puglia, Calabria e Sicilia si è verificato oltre il 54% degli incendi.
Il 57,4% degli incendi sono dolosi, il 13,7% non è intenzionale, e quindi sono colposi per mancanza di cultura – ha proseguito il ministro nell’informativa sugli incendi -. Siamo già, dunque, oltre il 70% di incendi responsabilità nostra>>.
Quindi prevenzione, controllo e manutenzione dei territori.
<<La parte dell’intervento degli aerei, anche con la cooperazione internazionale, ha funzionato bene. La fase preventiva, invece, ha avuto qualche inefficienza – ha osservato Cingolani -, bisogna sfatare la leggenda urbana ‘io brucio, così poi dopo ci faccio qualcosa che mi conviene’. E’ impossibile.
Per le leggi che abbiamo, se uno brucia uccide un’area e lì non si può fare nulla: per cinque anni non si può piantare un albero e per dieci non si può costruire niente. La legge a me sembra perfetta, dovrebbe scoraggiare chiunque ad appiccare incendi.
Il problema, allora, sta anche nella perimetrazione, che forse non è così efficiente. Centralmente anche noi possiamo dare una mano, almeno ai Comuni più piccoli.
Grazie al Pnrr – ha concluso il ministro -, è previsto l’uso di reti di satelliti europei, droni e osservazione a terra. I satelliti passano ogni quattro ore sullo stesso punto. Se si collezionano le immagini e si controllano, possiamo avere un monitoraggio efficace. Naturalmente proteggendo queste mappe>>.
Certo, giusti finanziamenti per la prevenzione degli incendi boschivi, ma anche maggiori controlli su chi beneficia dei territori bruciati e pene certe per i piromani. Non sembrerebbe difficile verificarlo! Mica vorremo nasconderci dietro i “cambiamenti climatici”.
G. D.