Valbormida mette in vendita una pentola a pressione ma viene truffata
Anche un altro caso accaduto ad una donna valbormidese
Valbormida truffe
– Ieri i militari della Stazione Carabinieri di Altare, a conclusione degli accertamenti avviati dopo una denuncia-querela, hanno deferito in stato di libertà all’Autorità Giudiziaria una donna indagata di una delle truffe più classiche tra quelle consumate attraverso social network e piattaforme di compravendita online.
I fatti – Una quarantaquattrenne altarese aveva messo in vendita una pentola a pressione su un noto sito internet di annunci ed era stata contattata da un’entusiasta acquirente, che non aveva battuto ciglio alla richiesta di 149.90 euro, e cominciavano i problemi.
L’acquirente avrebbe simulato una transazione fallita e, con abili giochi di parole, ha indotto la venditrice a effettuare lei un pagamento della cifra richiesta per “sbloccare la procedura”, richiesta di norma priva di alcun senso, ma che i truffatori riescono a far apparire plausibile sebbene per un breve lasso di tempo, aiutati dalla voglia di concludere l’affare e superare difficoltà che, come spesso accade, si tende a imputare ai mezzi tecnologici.
Capito l’inganno alla donna non è rimasto che rivolgersi ai carabinieri per chiedere la punizione del colpevole. In poco tempo gli investigatori sono risaliti alla presunta responsabile, una donna di quarantasei anni, romena residente a Pescara, già nota alle Forze dell’Ordine per precedenti simili.
<<Purtroppo, in casi come questi è difficile per le vittime riottenere il maltolto, infatti, spesso al momento del processo le persone indagate si rivelano incapienti – spiegano dal Comando -. Un altro elemento da tenere in considerazione, inoltre, è che la riforma Cartabia prevede la necessaria partecipazione alle udienze della parte offesa, pena archiviazione del procedimento, un meccanismo sul quale i truffatori contano molto per rimanere impuniti. È quindi necessario perseverare nel far valere i propri diritti e confidare nella giustizia in tutte le sue fasi, per non fare il gioco di chi spera proprio sull’arrendevolezza delle sue vittime>>.
Dalla Valbormida vi è un altro caso. Dopo quasi un anno d’indagini i Carabinieri di Altare hanno denunciato il responsabile di un altro tipo di truffa.
Una residente a Mallare era caduta vittima di una truffa telefonica il 7 dicembre 2023. La donna aveva ricevuto un sms che rimandava a un sito internet identico a quello di Poste Italiane e segnalava il blocco imminente del suo conto corrente. Subito dopo un uomo, spacciandosi per dipendente dell’azienda, aveva contattato al telefono la vittima, convincendola ad effettuare un bonifico di 992 euro su una carta ricaricabile, con la promessa che l’operazione avrebbe procrastinato il presunto blocco del conto.
La donna effettuava il versamento e veniva ricontattata da un secondo uomo, che le aveva richiesto un ulteriore pagamento, questa volta attraverso un QR code, per il definitivo sblocco del conto.
Ma la donna non disponeva di ulteriori fondi, e aveva cominciato a sospettare di essere vittima di una frode; quindi, aveva sporto denuncia presso la Stazione dei Carabinieri di Altare.
Negli accertamenti durati quasi un anno, i carabinieri sono riusciti a individuare e indagare un uomo residente a Torre del Greco (NA), peraltro già noto alle Forze dell’ordine per reati analoghi, ed è stato incriminato.
<<Questo tipo di frode, comunemente definita phishing, rappresenta una delle truffe informatiche più diffuse in Italia e nel mondo. I malfattori cercano di ingannare le vittime attraverso messaggi apparentemente legittimi, spingendole a rivelare informazioni sensibili e/o a effettuare pagamenti su conti fraudolenti – proseguono dal Comando -.
Il phishing può colpire chiunque, rendendo fondamentale mantenere alta l’attenzione e verificare sempre la reale identità di chi contatta per presunti urgenti problemi bancari o postali, accertando quale sia il reale mittente e destinatario dei versamenti. In questi casi non bisogna avere fretta, perché i truffatori cercano sempre di sottolineare l’urgenza, e contattare la vera banca o ufficio postale tramite un altro canale diretto per verificare la situazione.
Negli ultimi anni l’Arma ha intensificato gli sforzi per contrastare questo fenomeno criminale, ma è essenziale che i cittadini restino vigili e non effettuino pagamenti o forniscano dati personali – concludono – senza prima accertarne la provenienza della richiesta e la destinazione del pagamento o informazione, tenendo sempre bene a mente che nessun incaricato di alcun istituto di credito o ufficio postale chiederà per telefono dati sensibili o, tantomeno, lo spostamento di fondi>>.
I provvedimenti finora adottati non implicano la responsabilità dell’indagato, non essendo stata assunta alcuna decisione definitiva da parte dall’Autorità Giudiziaria.
G. D.